Nymphomaniac

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Joe, una donna di cinquant’anni, viene ritrovata in un vicolo tumefatta e tramortita, in una fredda notte d’inverno tagliata dalla neve, da Seligman, uomo scapolo che la conduce nella sua casa per prendersi cura di lei e per assisterla come un medico. Curioso del caso della signora, l’uomo le chiede di raccontarle la sua lunga storia, la storia di una ninfomane. Il racconto prende vita nella fervida immaginazione di Seligman e come in un diario di bordo di un’avventura nei mari dei pesci grossi e di quelli piccoli, Joe lo suddivide in otto capitoli.

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Il nuovo attesissimo film di Lars von Trier, censurato in diversi Paesi della bellezza di un’ora e mezzo, giunge nelle sale suddiviso in due parti della durata di quattro ore complessive. Questa versione, approvata dal regista in collaborazione con i suoi montatori, è in realtà una decisione dei finanziatori del film per ovviare al limite della censura nel nostro Paese. Sono state tagliate le scene dove venivano mostrati i genitali in maniera più esplicita, così, il film dà la sensazione di essere monco di quel che esplicitamente avrebbe dato maggiore vigore, ma il film ha l’enorme pregio di coinvolgere con un racconto tanto intrigante quanto ricco di spunti di riflessione sulla natura della sessualità femminile e sui condizionamenti della cultura religiosa e culturale della società.

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Dalla prime esperienze sensoriali di bambina, accompagnata nella natura radicale delle piante dal padre (Cristian Slater), fino alle prime esperienze sessuali di adolescente paragonate alla pesca minuziosamente volta a far abboccare le innumerevoli prede all’ambito amo, Joe (Charlotte Gainsbourg), ci accompagna in un viaggio intimo che necessita della solidarietà acuta e attenta di Seligman (Stellan Skarsgard); la osserviamo muoversi giovane e sensuale (Joe Stacy Martin, l’azzeccata giovane ninfo) sui vagoni di un treno mentre fa a gara con un’amica rendicontando chi seduce più uomini, quando trova lavoro ritrovando casualmente il suo “primo amore” Jerome (Shia LeBoeuf), allorquando è costretta a sorbirsi lo spiacevole inconveniente dell’appiccicoso consorte della signora H (Uma Thurman), fino alla contemplazione indolente ed infoiata dell’assistenza ospedaliera in bianco e nero ad un padre in preda al delirium tremens, proprio come Edgar Allan Poe (omaggiato con una citazione in apertura capitolo del racconto La caduta della casa Usher). Il quinto e ultimo capitolo ci conduce dentro la musica rapportando tre fondamentali amanti della vita di Joe al preludio corale di Bach, tre voci, ciascuna con il suo carattere e con il suo metodo, tutte in armonia l’una con l’altra, proprio come la polifonia.

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Nymphomaniac è diario dotto sul labirinto adescatore della vulva, racconto sommesso e mesto, piccante e dolce di una perdizione vaginale. Lars von Trier lancia la sua esca nel punto più giusto, cogliendo il meglio dal suo cinema fatto, dalle sue domande, dai suoi dubbi, dalle sue intime ossessioni. Ne vien fuori un racconto focalizzato pienamente sulla crescita e la conoscenza di sé, del proprio corpo, attraverso una sessualità vissuta come mite afflizione. Quanto di più lontano dallo spettro di pornografia che qualcuno, sconsideratamente, ha tentato di gettare sul film nel corso della sua opera promozionale. Il volume II si preannuncia duro come una pietra scolpita nel fragile e lacerato corpo di Joe, coraggiosamente interpretata da Charlotte Gainsbourg, come assolutamente sfacciato e azzeccato è tutto il resto del cast, vagliato in maniera eccellente. Del resto, girare un film con von Trier è come affrontare un viaggio del quale si conoscono a malapena le modalità di ancoraggio.

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In Nymphomaniac – Volume II, invece, il coinvolgimento presto si affloscia. Si avverte una frattura tra la prima parte, pruriginoso e dotto labirinto dei sensi, e la seconda, smarrito tunnel del dolore e del pericolo. Il racconto di Joe prosegue con gli ultimi tre capitoli: “The Eastern and the Western Church”, “The Mirror”, “The Gun”, che fanno seguito ai cinque precedenti, “ The Complete Angler”, “Jerome”, “Mrs. H”, “Delirium” e “The Little Organ School”. Gli ultimi tre capitoli salutano l’adolescente Joe per entrare nella donna, Joe. La salutano con la scarnificazione del piacere sessuale retrocessa a metodica frigida routine. La Joe ormai adulta, con un bambino e la comprensione sofferta di Jerome, si abbandona ad ogni genere di perversione, richiamando letture sadiane (vedi Marchese de Sade). Entra in un gruppo di terapia per donne affette da dipendenza sessuale e si dà alla pistola accettando un losco lavoro di riscossione crediti. Nella seconda parte, il pregio maggiore del film, è certamente l’abnegazione al ruolo da parte di Charlotte Gainsbourg, immersa nel voluttuoso sconfinamento atroce all’inferno del dolore fisico. Il sig. K (Jamie Bell) è il partner con cui si “relaziona” di più in questa parte, si lascia picchiare allacciata al divano, e penetrare cautamente come un’anatra silenziosa che con le mani al posto del becco si fa largo fra i rivoli di sangue del martirio. Joe prova ad accettare la propria sessualità, è il suo motto e di fronte ad un sempre più attonito Seligman (Stellan Skarsgard), confessa che è ancora la sua missione. Esame non superato. Soltanto Seligman, scioccato da alcune confessioni della donna, specie quella della sua attività criminosa, indirizzata dal sig. L (Willem Dafoe), potrà aiutarla a superare l’esame e nella maniera più estrema. Al di la della cupezza del racconto, già presente nella prima parte, contenente però diversi elementi d’interesse a partire proprio dalla regia e dalle scelte di montaggio operate dal regista danese, sono proprio quei punti di riferimento culturali a mancare. Complessivamente, Nymphomaniac, in attesa di vedere la versione integrale (che ci si aspetta ricca non solo di dettagli sessuali ma anche di spazio per i suoi personaggi), è il film più complesso ed elaborato di Lars von Trier e il suo migliore in assoluto. Il percorso della sua Joe, scandagliato da umiliazioni di ogni sorta, fisiche e psicologiche, ha qualcosa di disumano ed umano al contempo. Allacciata ai suoi demoni sembra volersene liberare con il fuoco, quando l’altro fuoco, quello della precoce passione, è agonizzato nel supplizio di una sessualità con la quale, del resto, ha dovuto consapevolmente fare i conti.

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