Ero un inquilino silenzioso, meditativo, acuto osservatore delle magagne della gente comune. Mia moglie era in un tabarin di lusso. Mi aveva lasciato solo senza seguire il mio consiglio di andare assieme alla taverna della Giamaica. Rebecca, la prima moglie, era più fedele alle mie osservazioni sulla natura umana. Ho il sospetto che sia invece andata al club dei 39. Quanti pensieri! Squillò il telefono, era una chiamata di Elstree, senza ombra di dubbio. Dopo due squilli scattò la segreteria telefonica: “Da buon inglese ricco e bizzarro non sarò mai accanto al telefono, per cui perdete pure le speranze di rintracciarmi in casa”. Laconico. Mi avvicinai alla finestra sul cortile in vestaglia, da fuori due strani uccelli mi osservarono di malocchio. Non mi sentivo più al sicuro nemmeno nella mia signorile casa. Sono finiti i tempi in cui la gente mi gridava: “Vinci per me!” Vinci pure per me!”. Erano troppi per i miei gusti. Mi eclissai da tutto e da tutti, pensando di essere vittima di una sorta di sabotaggio dei miei piani di successo o d’intrigo internazionale. Ero un megalomane dal pensiero gigante. Subivo i ricatti della mia stessa mente da folle artista. Volevo fare il regista e così è stato. Null’altro avrebbe potuto interessarmi quanto il cinema. E adesso senza il cinema, e senza mia moglie fedele collaboratrice, che stava sempre fuori la notte e mi faceva soffrire come se mi stringesse un nodo alla gola, mi sentivo perso. Pensai così, per la paura di diventare uno di quegli psicopatici da manicomio, di fare amicizia coi vicini, evitando allo stesso tempo d’introdurmi in casa loro come un ladro. Uscii dal mio appartamento e bussai due volte alla porta di fronte al mio “toc, toc”. Aprì Marnie, la splendida signora Marnie, colei che dava l’impressione di aver vissuto due volte. Una di quelle donne che fanno gridare al miracolo. In fin dei conti mi aveva sempre incuriosito una come lei, cosa che ovviamente non ho mai confessato a mia moglie, onde evitare ulteriori scompensi ai nostri equilibri ritrovati e in fretta ripersi. Ho sognato una notte, mentre la rincorrevo in un sentiero buio, col numero diciassette indosso, neanche fosse una gara d’atletica, di sfilarle con il solo sguardo le mutandine, e scoprirla poi nuda e indifesa, solo col suo Topaz, una splendida collana antica rilucente sopra il suo seno rigonfio. Mi offrì subito un tea e iniziò a parlarmi del suo ex marito con la fissa per le cravatte, quel Frenzy che guardava sempre storto. Un uomo a cui non andava mai bene nulla, una volta forse giovane e innocente, ma sempre piuttosto brontolone e malizioso. Proprio come me. Più le parlavo e più le vedevo brillare gli occhi in modo angelico. In un buon libro giallo quello sarebbe stato il delitto perfetto. Che strane idee mi saltano alla testa! Quale miglior indizio di quello del vicino di casa in vestaglia che fa finta di dormire sul divano mentre si gode un match di scherma nella Vienna di Strauss? Bah. Il mondo è strano. Il tea era piuttosto buono, ma non rimasi tanto, parlava sempre lei e mi aveva dato alla testa, così provai l’urgenza di tornarmene nel mio appartamento. Ripensai alla moglie del fattore, caduta rovinosamente in disgrazia per via del suo uomo che sapeva troppo. Era andato oltre, a seguito della scomparsa della sua signora. Ho la testa piena di cavilli. Forse Alma sta per tornare. Mi sembra quasi di udire i suoi passi. Oppure qualcuno sta venendo a finirmi una volta per tutte. Ho la testa pesante, ma vado al frigo e tiro fuori una birra. Mi aiuterà a schiarire le idee. La bevo a piccoli sorsi poggiando una mano sul ventre riscaldato dalla vestaglia rossa. Amore e mistero nella mia vita. Sarà un ricatto di qualche mio antenato poco cortese? No, credo di no. Non sarà come la storia gialla del signore e della signora Smith, né quella avventurosa dei prigionieri dell’oceano. Io mi salverò. O male che vada la salverò. La birra nel frattempo va giù che è una meraviglia e ho come l’impressione di udire dei passi sulle scale a chiocciola del palazzo. Mi alzo per avvicinarmi alla porta dove vi accosto l’orecchio. Sento il cuore palpitare. Sarà forse quello di qualcun altro? Qualcuno sta venendo ad uccidermi spedito da qualche sicario nella notte? Sarà per colpa di Notorious? C’è sempre qualche traditore dietro ogni spia e io ho avuto sempre a che fare con questo genere di spionaggio ad uso familiare. Mi sfugge un rutto e i passi svaniscono. Proprio come nei film, un suono scomposto imprevisto cambia l’ordine degli eventi. Tutto sembra tornare alla normalità. Vorrei accendere la tv ma adesso non mi riesce. Torno a sedermi sul divano e a guardare oltre la finestra. La notte è calata bene nel suo ruolo di tenebra. Torno con la mente a Lady Considine, al mio amore di gioventù e ai suoi peccati commessi. Ripenso al famigerato caso Paradine, conclusosi a nostro favore. E soprattutto ripenso alle opere teatrali, alla mia paura del palcoscenico buio laddove il sipario era strappato, e a tutti i film della mia carriera. Non so se riuscirò ancora a farne, essendo in pieno complotto di famiglia. Vorrei riscrivere una nuova storia di delitto per delitto ma torno a udire quei passi, c’è sicuramente un altro uomo sulle scale. Non ce la faccio ad alzarmi, ma vigilo con cura attraverso l’udito. Magari sarà soltanto un ladro a cui dare poi la caccia. O forse si tratta di Alma che vuole giocarmi uno brutto scherzo, anche se non è da lei combinarne. Confesso di sentirmi una volta di più vittima di qualche sabotatore. Ma ecco che qualcuno squilla alla porta. Con voce quasi strozzata grido: “Alma, sei tu?”. Nessuna risposta. Volto lentamente la mia testa indietro. Oltre la finestra uno stridulo suono d’uccelli invade la mia testa. Poi guardo verso l’armadio, aperto. E penso: “Se mi travesto da donna con la parrucca, male che andrà vorrà soltanto stuprarmi e non mi ucciderà”. Mi avvicino all’armadio ma poi sento la voce di Alma Reville. Sì, proprio lei. Finalmente! Le apro la porta. Aveva cominciato a piovere, per cui era bagnata come un pulcino. “Ero al ristorante con Mary”, confessa. Al che penso: “Chissà cosa starà tramando quella Mary. Non mi ha mai convinto quella donna”. Naturalmente non glielo dico. Sorride. Sorrido a stento.