Pillole di Cinema: ciak, vento, azione

 

vento

Fare cinema è pensare un’azione ancor prima del compiere un movimento. Il cinema è movimento, l’arte dello spazio e del flusso del tempo. Non esiste mistero più grande forse di quello della creazione cinematografica. Grazie al montaggio e alle più avanzate tecniche di realizzazione cinematografica, assistiamo all’evolversi del moto della vita. Rapide successioni di fotogrammi si assommano nella nostra testa e davanti ai nostri occhi per la costruzione di una pluralità di sensi possibili. Cinema è la sistematica affabulazione attesa e ripetutamente sorpresa. Un idillio che a volte può farsi attendere. Pensiamo ad una lunga inquadratura fissa su una foglia in movimento, poi pensiamo la stessa identica inquadratura sull’espressivo volto di un attore. Ci si può immergere più facilmente dentro lo stato d’animo dell’essere umano, grazie a quel primo o primissimo piano. Poi, tornando sulla foglia, noteremo una differenza, quella stessa foglia comincia a ondulare in maniera diversa e accostata ai mutamenti espressivi dell’attore, e naturalmente al montaggio, acquisisce una propria dimensionalità. Un po’ come l’effetto Kulesov, sperimentato su tre piani di montaggio di tre diversi elementi intercalati al primo piano inespressivo dell’attore Ivan Mozzuchin. Kulesov dimostrò che la sensazione che una singola inquadratura trasmette allo spettatore è influenzata in maniera determinante da quelle precedenti e successive, quindi se le tre immagini precedenti o successive sono opposte fra di loro, la stessa identica espressione dell’attore può benissimo dare la sensazione che muti in conseguenza a quanto ci viene mostrato in precedenza o subito dopo. Una grande geografia creativa delle immagini sulle infinite possibilità del cinema. Purtroppo, il materiale filmico, testimonianza dell’esperimento, andò distrutto, secondo fonti attendibili, durante la Seconda Guerra Mondiale. Lev Kulesov faceva parte della schiera di cineasti russi, assieme a Sergej M. Ejzenstein e Vsevolod Pudovkin, che negli anni ’20 contribuì enormemente a rivoluzionare il linguaggio cinematografico attraverso l’uso massiccio del montaggio secondo finalità costruttiviste, figlie di una rivoluzione sociale. I russi ci dimostrarono che attraverso il montaggio era possibile manipolare le emozioni del pubblico e condurlo verso un senso che poi poteva essere alterato o ribaltato attraverso l’imprevedibilità degli accostamenti. Al pari del ritmo sincopato di una sessione jazz, il cinema aveva trovato una sua natura formale che presto si sarebbe espansa in tutto il resto del mondo, con le consuete diversificazioni o alterazioni.

windFare cinema è filmare l’aria nella consapevolezza che ci si può innamorare del vento. Victor Sjöstrom ne era consapevole e attraverso la realizzazione del suo film Il vento (1928), che narra della titanica lotta fra la natura e l’uomo, ma soprattutto del conflitto della colpa insita nel peccaminoso uomo vittima di forze oscure incavate nelle rivelanti coscienze, compì un primo miracolo. Il vento soffia forte in questo film muto, dando l’impressione di riuscire a farsi ascoltare.

Il documentarista Joris Ivens, con la collaborazione della moglie Marceline Loridan, a distanza di 60 anni realizza in Cina il film Io e il vento, filmando la storia di un’ossessione che spinge il regista stesso a tentare di catturare il vento nel deserto della Mongolia. Metafora altissima del cinema come avventurosa impresa di tutta una vita. Il cinema può essere una sfida a se stessi, un ciak, motore, azione senza bisogno di benzina. Il carburante giusto è il cuore che non cessa di pulsare e di sgorgar sangue. Ivens cita anche Mèliés, precisamente il Viaggio nella Luna, suggellando la magia del cinema nell’immaginario del fantastico. Nulla sempre essere impossibile, laddove s’infiltra il cinema, un’arte dal linguaggio indefinibile, o meglio non sottoponibile a giudizi restrittivi.

WutheringHeights

Nel 2011, è una giovane regista britannica, Andrea Arnold, con la sua rilettura del romanzo Cime Tempestose, Wutering Heights, a riuscire a filmare il vento nel migliore dei modi. Più aspri e violenti si fanno i conflitti e più il vento si fa minaccioso, scuotendo i rami delle piante degli alberi della campagna dello Yorkshire, dov’è ambientato il film. La rilettura della Arnold è molto interessante, sia per il particolare realismo che cattura in modo vero le interpretazioni dei giovani e semisconosciuti attori, sia perché è la prima volta che vediamo trasposta sul grande schermo una versione del romanzo dove effettivamente, come nel testo d’origine, il protagonista ha la pelle scura. Nel romanzo Heathcliff viene descritto come uno zingaro, nel film è un nero che ha il volto di James Howson. La stessa Andrea Arnold, probabilmente affascinata dalla magia che il vento può regalare al cinema, lo aveva già sfruttato in una delle scene più significative del bellissimo Fish Tank (2009), teen-drama sull’adolescenza tradita e abbandonata dal futuro fortemente incerto, temi che spesso e volentieri i film inglesi, specie negli anni ’90, hanno trattato (si pensi ad esempio ad alcune delle opere di Ken Loach, Mike Leigh e Michael Winterbottom).

days of heaven

Il vento è stato filmato in maniera calzante anche da Terrence Malick, sia ne I giorni del cielo (1978) che ne La sottile linea rossa (1998), catturato nell’atto di muoversi infiltrandosi tra i fili d’erba e nelle segrete della natura incontaminata, capace di distruggere le manie di espansionismo e di avida conquista degli uomini.

Il cinema ha dimostrato che la strada per acquisire tutte le conquiste succedutesi negli anni, fra una scoperta tecnologica e l’altra, è ancora lunga. L’unica cosa certa è che vedremo sempre più cineasti acquisire padronanza dei nuovi mezzi di comunicazione audiovisiva e, chissà, un giorno potremo constatare che non c’era maniera migliore per riuscire a filmare il vento che quella di filmare alla sua stessa velocità. L’ennesima rivoluzione sarebbe alle porte. Fieramente ai nastri di ripartenza, ne guadagnerebbe certo in pura intensità.

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