Moglie e marito, marito e moglie, come identificarli? Non fanno che discutere, sono sposati ma non fanno più l’amore, pur portando ancora occhi da cerbiatti. Sono così diversi, eppure per certi versi si assomigliano questo marito e questa moglie. Non lottano più, dimentichi delle esigenze dell’uno, dell’altra. A fronte di un esperimento con un macchinario lui diventa lei e lei diviene lui, stesse movenze gestuali, modo di esprimersi, di vedere le cose, identici atteggiamenti, uguale stile di vita. Seguono una serie di situazioni equivoche, esilaranti, ma finalmente schiarenti orizzonti che credevano persi.
L’esordio alla regia di Simone Godano attinge brillantemente dalla commedia americana degli equivoci, incentrata sugli scambi di ruoli, quella alla Howard Hawks e alla Blake Edwards per intenderci. Accordando brio e invenzioni con sagacia alla sceneggiatura di Giulia Steigerwalt, la regia si consegna letteralmente nelle mani dei due attori protagonisti che si ritrovano al loro arco una miniera d’oro di situazioni, puntellate gag, pizzicori un poco edulcorati, quantunque efficaci. Molto bravo Pierfrancesco Favino, ma Kasia Smutniak si supera, dimenandosi bellamente tosta e gagliarda come un’ossessa preda degli impazziti sensi.
Le eventuali perplessità iniziali si sciolgono come neve al sole, poiché non è tanto il meccanismo, già ampiamente visto e vissuto nella storia di questo genere di film, a instaurare uno smodato dialogo con il pubblico, quanto l’aver saputo infilare con grande senso del calcolo, al punto giusto nella struttura di montaggio finale, una mordace invettiva sullo scambio dei ruoli; un avvicendarsi non più tabù, fortemente ricercato dentro imprevedibili meccanismi sociali tendenti a usare corpi per veicolare concetti di separazione, quando basterebbe indossare anche solo per un giorno la pelle del proprio partner, la pelle di una donna nei panni di un uomo o quella di un uomo nei panni di una donna, per comprendere cosa ci separa da quel che ci unisce.